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Rivista di archeologia e architettura antica

Tag Archives: Akragas

La krene nell’area del teatro di Agrigento: dati preliminari

Autori: L.M. Caliò, A. Fino, G.M. Gerogiannis

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Nel presente contributo sono riportati i primi risultati delle ricerche condotte ad Ovest dell’area del teatro di Agrigento, con l’obiettivo di comprendere e precisare i limiti dell’ampio spazio pubblico su cui l’edificio di spettacolo insiste. Gli scavi di questo settore si pongono infatti in continuità con quelli del teatro, di cui costituiscono quasi un’appendice. L’area, indagata a partire dal 2017, ha restituito negli anni una stratigrafia articolata di strutture sovrapposte che nel 2022 hanno portato a riconoscere nei livelli più bassi raggiunti dallo scavo una krene la cui realizzazione potrebbe essere inquadrata nell’ambito dell’attività edilizia di Terone. L’importanza del rinvenimento è tanto più grande se si pensa che all’articolato sistema di gestione delle acque, costituito da cunicoli, ipogei e raffinati sistemi di captazione, fino ad oggi in tutta l’estensione della città antica era nota soltanto una fontana monumentale presso il c.d. Santuario Rupestre in località S. Biagio. Le acquisizioni, inoltre, sono tali da alimentare un rinnovato interesse nei confronti delle tematiche legate all’archeologia dell’acqua e in particolare di come questa fosse vissuta nel quotidiano anche nell’organizzazione urbana e sociale delle città antiche.

 

This paper reports the preliminary results of the research carried out west of the theater area of Agrigentum, with the aim of understanding and specifying the boundaries of the large public space in which the complex insists. The excavations of this sector, in fact, stand in continuity with those of the theater, constituting almost an appendix. The area, excavated since 2017, has returned over the years an intricate stratigraphy of overlapping structures that in 2022 led to the recognition of a krene in the lowest levels, the making of could be framed as part of the Teron construction activity. The importance of the discovery stands in the fact that at the complex water management system, consisting of galleries, hypogea and fine catchment systems, only a monumental fountain is known until now in the entire extention of the ancient city at the so-called Santuario Rupestre in S. Biagio. The achievements, moreover, are fueling a renewed interest in issues related to the water archaeology and particularly how it was experienced in daily life even in the urban and social organization of ancient cities.

La conservazione dei monumenti antichi in Sicilia. Il caso del de-restauro della fontana arcaica di Agrigento

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santoroA fronte di una plurisecolare tradizione conservativa italiana, la causa principale di degrado dei monumenti di età greca e romana risiede prevalentemente nell’assenza di una metodologia d’intervento codificata e nell’uso inappropriato di materiali edili incompatibili con la tettonica dei manufatti originario, che risultano staticamente compromessi. In effetti, a partire dai restauri dei primi anni Venti con l’anastilosi del Tempio di Eracle sino ai più recenti interventi sui monumenti antichi di Agrigento, l’introduzione nei sistemi costruttivi originari in pietra di armature metalliche e resine epossidiche sembra interessare trasversalmente i principali monumenti archeologici del Mediterraneo, ormai accomunati da simili danni strutturali e formali, talvolta irreversibili. Differentemente dalla Grecia, la posizione italiana – anche alla luce dei sempre più frequenti episodi di crollo di significative emergenze architettoniche – sembra mostrare una certa impreparazione metodologica, procedurale e tecnica nel proporre ipotesi risolutive o programmi di intervento adeguati, anche di lunga durata. Tale incapacità è stata prevalentemente supplita da interventi provvisori, quali coperture protettive o ponteggi tubolari di controventamento che, perdurando oltre il tempo necessario, hanno peggiorato in vario modo lo status conservativo dei manufatti, come è avvenuto di recente per la fontana di Agrigento. Il de-restauro parziale della fontana trattato nel presente contributo si inserisce nell’ambito di una disamina critica e documentativa sulla storia dei restauri che hanno interessato il monumento dalla sua scoperta ad oggi e ha confermato che il perpetrarsi di analisi inesatte e il succedersi di interventi inefficaci hanno danneggiato l’intero apparato architettonico, le cui caratteristiche tipologiche e costruttive richiederebbero un intervento congiunto e definitivo.

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Notwithstanding a centuries-long tradition of conservation in Italy, the principal cause of degradation of Greek and Roman buildings is found principally in the lack of a standardised intervention methodology and in the use of inappropriate building materials, incompatible with the tectonics of the original building. In effect, from the 1920s until recently, restoration interventions with steel reinforcement bars and epoxy resins to buildings made originally of stone seem to have been carried out on the principal archaeological monuments throughout the Mediterranean area causing similar structural and formal damage, which is sometimes irreversible. The Italian position, different from the Greek one, even with increasingly frequent architectural emergencies, including building collapses, seems to offer only a glaring lack of preparation in methodology, procedure and technique in the proposing of solutions or long-term intervention programmes. Instead, there are temporary interventions, such as protective coverings or support scaffolding which, remaining in situ beyond their capacity for protection, have worsened the conservation status of the building, as has recently happened for the archaic fountain in Akragas. The partial de-restoration of the fountain reported in this paper is part of a critical close examination of the history of its restorations since its discovery, which has confirmed that inexact analyses and a succession of ineffective interventions have damaged the entire architectural setup, whose typological characteristics of construction require a full and definitive intervention.

La Fontana Arcaica di S. Biagio

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finoIl presente contributo vuole fornire i primi risultati di un’indagine autoptica delle strutture della fontana “arcaica” di Agrigento, nota come Santuario Rupestre di S. Biagio. Il complesso monumentale sorge sulle pendici nord-orientali della Rupe Atenea, a ridosso di una parete rocciosa, all’interno della quale si è sviluppato un sistema di grotte antropiche; esso si compone essenzialmente di due parti: l’edificio delle vasche ad Ovest e il piazzale recintato antistante ad Est. Dopo le prime esplorazioni di Pirro Marconi, nel 1926, nel 1932 Giuseppe Cultrera portò alla luce l’intero complesso monumentale. Fin dalla sua scoperta il monumento è stato oggetto di ripetuti interventi di restauro, alcuni dei quali piuttosto invasivi, che hanno determinato una difficoltà nella lettura del complesso architettonico nel suo contesto naturale. La nuova indagine condotta sul monumento è stata quindi finalizzata a chiarire la configurazione architettonica della fontana nella successione delle fasi di vita, ricostruendo le dinamiche naturali e antropiche che hanno interessato il sito sin dalla sua fondazione. Inoltre, è stata ipotizzata una datazione del monumento nell’ambito dell’età ellenistica, fornendo confronti con il mondo mediterraneo orientale.

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This paper aims to provide the first results of a new autoptical analysis on the structures of the archaic fountain in Agrigento, known as the Santuario rupestre of S. Biagio. The monumental system, located just outside the city-walls, on the north-eastern slopes of the Rupe Atenea, behind a rock face in which is developed an anthropic cave system, is made up mainly of two parts: the building of the western basins and, forehead to the east, a fenced yard. After the first investigations directed by Pirro Marconi in 1926, Giuseppe Cultrera, in 1932, unearthed the whole monumental complex. Since the discovery, the monument was subjected to several restoration works, some of which quite invasive, that determined a difficult reading of the architectural structure in its landscape. A new analysis on the structures has been done, in order to specify the architectural configuration during the life phases of the monument and to retrace the natural and anthropical processes that affected the site since its foundation. Moreover, it has been suggested a datation within the Hellenistic period, providing comparisons with the eastern Mediterranean world.

Archeologia e rischio sismico

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dagostino.

Recentemente alcune circolari ministeriali hanno esteso l’applicazione delle vigenti normative relative al rischio sismico ai beni archeologici. Questa indicazione si manifesta abbastanza impropria perché le linee guida redatte dal MIBAC sono strutturate per l’edilizia monumentale e non per quella allo stato di rudere che non solo è soggetta ad una ben diversa fruizione, ma che ha anche peculiari esigenze di conservazione. La nota, nell’evidenziare le particolarità del costruito archeologico, suggerisce un diverso atteggiamento culturale che, pur nel rispetto della sicurezza dei visitatori, eviti interventi poco rispettosi della storia materiale del costruito antico, compromettendone il valore di monumento-documento.

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Some Italian MIBAC (Italian Minister for cultural heritage) memoranda apply to the archaeological sites the same seismic rules used for buildings. That appears incorrect because the state of ruin is subject to a quite different use, but also has the peculiar needs of conservation. Starting from the idea that the “archaeological built heritage” has an artistic or monumental standing and it may also represent a simple attestation of aspects of human activity in the past, this paper suggests a different cultural attitude aimed to simultaneously respect the safety of visitors and avoid actions disrespectful of the material history of the ancient built.