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Rivista di archeologia e architettura antica

Tag Archives: Roman architecture

The Gymnasium of Agrigento: Report of the First Excavation Campaign in 2022

Autori: M. Trümper, T. Lappi, A. Fino, C. Blasetti Fantauzzi
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Il ginnasio di Agrigento è stato scavato tra gli anni ’50 del secolo scorso e il 2005. Sebbene siano state riconosciute una pista e una piscina tra due stenopoi, non è stato possibile determinare con sicurezza l’estensione del complesso e l’esistenza di una palaestra, né la data di costruzione. Un progetto avviato nel 2019 in collaborazione tra il Parco Archeologico e Paesaggistico Valle dei Templi di Agrigento e la Freie Universität di Berlino mira a rispondere a queste domande. Sulla base dei risultati di una prospezione geofisica, nel 2022 sono stati operati quattro saggi in un campo a Nord della piscina, dove probabilmente si trovava la palaestra. In questo articolo si presentano i risultati dei saggi della campagna del 2022, dopo una breve discussione sulla cronologia stabilita negli scavi precedenti. Nei saggi 1 e 2 sono emersi muri in blocchi di buona fattura, coerenti per orientamento, tecnica costruttiva e materiale con i muri del ginnasio e che potrebbero appartenere alla palaestra. Nel saggio 3 è apparsa la continuazione dello stenopos ovest. Il saggio 4, aperto in corrispondenza del presunto incrocio di questo stenopos con una plateia, non ha restituito testimonianze di strutture o pavimentazioni stradali. L’analisi dell’architettura ha evidenziato che le ricostruzioni precedentemente proposte presentano alcune criticità, in particolare per lo xystos, per il quale si propone qui una revisione della ricostruzione dell’ordine dorico e sua cronologia, suggerendo un periodo compreso tra la fine del III e la prima metà del II sec. a.C.

The gymnasium of Agrigento has been excavated between the 1950s and 2005. While parts of a race-track section and a pool were revealed between two stenopoi, the extension of the gymnasium and the existence of a palaestra as well as the construction date could not be securely determined. A project launched in 2019 in cooperation between the Parco Archeologico e Paesaggistico Valle dei Templi di Agrigento and the Freie Universität Berlin aims to solve these questions. Based on the results of a geophysical survey, four trenches were excavated in 2022 in a field to the north of the pool where the palaestra was most likely located. The aim of this paper is to discuss the results of the 2022 campaign. After a brief discussion of the chronology established in previous excavations, the trenches are presented from south (trench 1) to north (trench 4), followed by new insights regarding the architecture. In trenches 1 and 2, well-made ashlar walls were found that are consistent in orientation, building technique, and material with the previously exposed walls of the gymnasium and may have belonged to the searched palaestra. In trench 3, the continuation of the western stenopos appeared. Trench 4 was made at the supposed crossing of this stenopos with a plateia but did not yield any evidence of built structures or street pavements. The analysis of the architecture showed that previously proposed reconstructions are problematic, particularly regarding the architecture of the xystosstoa. Revisions regarding the reconstruction of the Doric order and its chronology are proposed here, suggesting a period between the end of the 3rd and the first half of the 2nd century B.C.

Mutatio Valentia: uno studio ricostruttivo aggiornato

Autore: I. Ferrari

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Il presente contributo si propone di affrontare uno studio aggiornato sulla mutatio Valentia, una statio romana con balneum collocata nella Puglia meridionale a metà strada fra Brindisi e Lecce, sul prolungamento della via Traiana. Partendo dai dati di scavo editi e dall’analisi delle strutture ancora conservate, si è cercato di individuare gli elementi utili a delineare una proposta ricostruttiva più accurata, anche in base al confronto con altre simili e coeve strutture presenti nella regione e, in particolare, con il balneum di Malvindi.

This paper aims to offer an updated study on the mutatio Valentia, a Roman statio with balneum located in the south of Apulia halfway between Brindisi and Lecce, on the extension of the via Traiana. Starting from the published excavation data and the analysis of the still preserved structures, an attempt was made to identify the elements useful to outline a more accurate reconstructive proposal, also based on a comparison with other similar and contemporary structures in the region, in particular with the of Malvindi.

Le decorazioni in pietre e marmi negli anfiteatri romani. Forme, distribuzione e colori

Autore: L. Polidoro

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Gli anfiteatri romani erano spesso dotati di decorazioni realizzate in pietre e marmi, ma ad oggi la loro analisi non è stata sempre approfondita in tutte le sue sfaccettature. In particolare, le conoscenze relative a lastre di rivestimento parietale e pavimentale sono molto sommarie e talvolta anche specifiche soluzioni architettoniche, come gli ingressi principali e le porticus in summa cavea, sono trattate in maniera piuttosto cursoria. Il presente studio intende esaminare questi apparati decorativi e mostrarne l’importanza per la comprensione dei monumenti, dal momento che essi contribuivano significativamente a costruire l’immagine degli edifici apprezzabile dagli spettatori antichi. Si deve sottolineare la loro importanza nella resa del carattere policromo delle architetture, sia mediante il colore naturale dei materiali sia attraverso integrazioni in pittura. Inoltre, la presenza di decorazioni in pietre e marmi sottolineava alcuni settori degli anfiteatri, come le tribune d’onore e i luoghi di culto, valorizzando chi li frequentava e le attività che vi si svolgevano: esse, quindi, contribuivano a definire a livello sociale e funzionale gli spazi.

Roman amphitheatres usually had marble and stone decorations, but, as of today, their analysis is quite incomplete. In particular, wall and pavement revetement slabs have often been simplified and sometimes even architectural elements, such as the monumental entrances and the porticus in summa cavea, have been overlooked. This present study intends to examine these decorations and underline their importance for the understanding of monuments, since they contributed significantly in the imagine perceived by ancient viewers. Marble and stone ornamentations were also important to determine the polychromatic character of the architectures, both by means of the materials natural colours as well as painted integrations. Furthermore, their presence highlighted specific sectors of the buildings (such as the authorities’ tribune and cult places) and, consequently, the people and the activities there hosted. Hence, they contributed to create the hierarchy of social and functional places.

Un edificio romano e il suo riuso nella basilica di San Salvatore di Spoleto

Autore: M. Cante

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Il lavoro è frutto di una ricerca svolta alla fine degli anni ’90, insieme alla catalogazione di tutti i pezzi architettonici di ordine dorico riutilizzati nella costruzione della basilica di San Salvatore in Spoleto. Malgrado esista una vasta bibliografia sulla chiesa non era stato ancora affrontato in modo approfondito il problema dell’origine dei pezzi antichi e, addirittura, si è creduto che la chiesa fosse una trasformazione tarda di un tempio pagano. L’impianto originario della chiesa, generalmente collocata tra la fine del IV e la metà del V secolo, prevedeva tre navate separate da due file di dieci colonne doriche sormontate da architrave rettilineo. A seguito di un incendio, avvenuto intorno al VI-VII secolo, la chiesa subì gravi danni e i colonnati andarono quasi del tutto distrutti. I successivi restauri (seconda metà VIII sec.) sostituirono parte delle colonne superstiti, quasi del tutto calcinate e inservibili staticamente, con grandi pilastri collegati tra loro e alle colonne tramite arcate. I blocchi architettonici ancora utilizzabili furono usati nella stessa costruzione dei pilastri, all’interno dei quali si possono vedere architravi, fregi e cornici dorici. Partendo da questi resti, concentrati soprattutto in controfacciata e nel presbiterio, ha preso avvio la ricerca e attraverso le loro particolari caratteristiche è stato possibile ricostruire l’ordine architettonico e stabilire anche il tipo di edificio dal quale provenivano, che doveva essere un edificio pubblico. La presenza di pilastri cuoriformi e dei relativi blocchi di architrave/fregio che incastrandosi determinano un angolo di 90° con decorazione rivolta all’interno hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di un portico con almeno tre bracci. Le caratteristiche morfologiche dell’ordine dorico datano i colonnati al periodo augusteo o comunque tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. Da qui l’ipotesi che i portici possano essere quelli che delimitavano il Foro di Spoleto e che nel IV-V sec, smontati, servirono per edificare la basilica del San Salvatore.

The article presents the result of a research carried out at the end of the 1990s, connected with the documentation of all the Doric architectural elements reused in the construction of the Early Medieval basilica of San Salvatore in Spoleto (Holy Saviour). Despite the vast bibliography on the church, the problem of the original use and location of the ancient spolia has not been yet focused. In some studies the church was even considered a late transformation of a pagan temple. The original layout of the church, generally dated between the end of the 4th and the beginning of the 5th cent. AD, includes three naves separated by two rows of Doric columns surmounted by a straight lintel. Because of a fire, occurred around the 6th-7th cent. AD, the church suffered serious damages and the colonnades were almost completely destroyed. Subsequent restorations (second half of the 8th cent.) replaced part of the surviving columns, almost completely calcined and statically useless, with large masonry pillars, linking them with the remaining columns through arcades. The still usable architectural blocks were used for the construction of the pillars, where is thus possible to recognize Doric architraves, friezes and cornices. The catalogue of these architectural mouldings, reused mostly in the counter-façade and in the presbytery, was the start point of the research. Through the peculiar characteristics of the spolia it was possible to reconstruct the architectural order, and establish also the type of building from which they were looted, surely a public building. The presence of heart-shaped pillars and the related blocks of architrave/frieze that fit together determine an angle of 90° with decoration turned inwards, allowing to hypothesize the existence of a triporticus. The peculiarities of the architectural decoration of the Doric order lead to date the colonnades back to the Augustan period, or in any case between the 1st cent. BC and the first cent. AD. Hence the hypothesis that the arcades could be those that delimited the Forum of Spoleto and that were dismantled in the 4th-5th cent. AD to build the basilica of San Salvatore.

Per un contributo al tema delle trasformazioni post-classiche dei grandi templi di Agrigento: il Tempio A e il suo sacello

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Il sacello all’interno del tempio A di Agrigento, genericamente datato ad età romana, è una struttura rimasta largamente ignorata dalla moderna letteratura scientifica e si inscrive nel quadro delle profonde trasformazioni che, a partire dalla Prima Guerra Punica, interessarono alcuni dei grandi templi agrigentini, dal cd. Olympieion al cd. tempio di Eracle, appunto. L’articolo presenta una storia delle ricerche intorno al sacello, enucleando le principali questioni emerse, quali il problema cronologico o quello tipologico innescato dalla tripartizione del fondo della cella del tempio A, cui si aggiungono altri interrogativi essenziali, quali la ricostruzione delle pratiche rituali connesse al piccolo edificio, la loro relazione con le strutture superstiti del tempio A e la presumibile consistenza di queste ultime. Quale contributo ad una revisione generale dell’interpretazione di tutta l’area prossima alla cd. agorà bassa alla vigilia dell’occupazione romana della città, l’articolo inquadra un riuso del Tempio A nella fortificazione d’emergenza (255-254 a.C.) a difesa della sella naturale a Sud-Ovest della città, riconnettendolo al caso analogo e già noto dell’Olympieion. L’episodio costituisce verosimilmente un terminus post quem per la costruzione del sacello e la riorganizzazione del culto, mentre un terminus ante quem può essere ravvisato nella statua di Asclepio di periodo augusteo, rinvenuta in una degli ambienti a lato del naiskos stesso.

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The shrine inside the cella of the temple A of Agrigento, generically assigned to the Roman age, is a structure largely ignored by the modern scientific literature. It belongs with the deep transformations which, since the First Punic War, have concerned some of the great temples of Agrigento, from the so-called Olympieion to the temple A. The article illustrates a history of the investigations on the shrine, outlining the main issues which emerged, such as its dating or the typological problem, settled by the division into three parts of the end of the naos. Other important questions are to be added, such as the reconstruction of the worship practices connected with the small building, their relationship with the surviving structures of temple A. As a contribute to the interpretation of the whole area around the so-called lower agorà on the eve of the Roman siege of the city, the article identifies a reuse of the temple A within the fortification built in a state of emergency in 255-254 b.C. in order to defend the natural passage at the South-West part of the city, and links it to the similar and already known use of the Olympieion. This occasion probably constitutes a terminus post quem for the construction of the shrine and the reorganisation of the worship, while it is possible to identify a terminus ante quem in the statue of Asclepius of Augustan age, found in one of the two rooms flanking the naiskos.

L’anfiteatro di Sabratha: vecchie indagini e nuove ricerche

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L’Anfiteatro di Sabratha, ignorato dai viaggiatori del XVIII e XIX secolo, venne segnalato nel 1912 da Henri Méhier de Mathuisieulx ed indagato da Renato Bartoccini a partire dal 1924. Gli scavi e le ricerche portate avanti in quegli anni permisero di rimettere in luce gran parte del monumento, che rimase tuttavia non pubblicato. Recenti scavi e ricerche hanno adesso permesso di redigere un nuovo rilievo ed un nuovo studio del monumento. Il grande edificio, realizzato in conci di calcarenite locale, venne costruito sfruttando una cava di pietra alla periferia orientale della città antica probabilmente alla metà circa del II secolo d.C. e, contrariamente a quanto finora ritenuto, venne effettivamente completato, come testimonia l’esistenza di alcune cornici con i fori per il velarium. Impiega come unità di misura il cubito punico ed è possibile rintracciare anche lo schema geometrico proporzionale sotteso al progetto. Si stima potesse contenere circa 20-25.000 spettatori, un numero assai elevato in rapporto alla popolazione della città: il suo bacino di utenza era amplificato dalla vocazione mercantile dell’emporio e dalla periodica presenza delle carovane che trasportavano fin qui dal cuore dell’Africa Nera avorio, oro, animali e schiavi. Gli spettatori potevano assistere a grandiosi munera come quelli offerti da G. Flavio Pudente (IRT, 117). Probabilmente danneggiato da un sisma nel corso del IV secolo d.C., l’edificio venne abbandonato e spogliato quasi completamente nel VI secolo d.C.

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The Amphitheatre of Sabratha, ignored by 18th and 19th century explorers, was described for the first time by Henri Méhier de Mathuisieulx in 1912 and investigated by Renato Bartoccini beginning in 1924. His work brought to light a large part of the monument, but it was not published. Recently, new research and excavations have made possible new topographical and architectonic drawings of the building, as well as new analysis. The Amphitheatre was completely constructed from local calcarenite blocks in the middle of the II Century A.D. and lies inside an ancient mine at the east boundary of the old site. Contrary to current opinion, it was completed as demonstrated by two blocks of the crowning cornice with holes for the poles of the velarium. The unit of measure used is the Punic cubit, and it is also possible to recognize the geometrical design of the project. Up to 20.000 spectators could be seated in its cavea, a very large number, given the population of the old town. This venue was capable of hosting large numbers of visitors who had come to Sabratha for the great feasts connected with a market that featured caravans of products transported from central Africa, including ivory, gold, animals and slaves. Spectators were able to see sumptuous munera such us that ones offered by G. Flavius Pudens (IRT, 117). The Amphitheatre may have been damaged by an earthquake during the 4th Century, after that it was abandoned and almost totally spoiled during the 6th Century.

La rete idrica della Kos di età romana: persistenze e modificazioni rispetto alla città ellenistica

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Nella città di Kos, durante gli scavi che impegnarono gli archeologi italiani tra il 1912 e il 1945 e nei nuovi scavi del Servizio Archeologico greco, è stato messo in luce un complesso sistema di approvvigionamento dell’acqua basato sull’integrazione in età romana di una rete idrica già impostata fin dalla fondazione della città, avvenuta nel 366 a.C. sulla base di un piano urbano di tipo ippodameo che definiva anche un sistema di canali per lo smaltimento delle acque meteoriche progettato insieme alla rete viaria. L’approvvigionamento idrico, invece, poteva contare sulle abbondanti sorgenti naturali site sulle colline a sud-est della città, integrato da cisterne e pozzi privati. I punti di utilizzo comprendevano fontane pubbliche e ninfei, e, in età romana, soprattutto diversi edifici termali, databili nel loro primo impianto tra I e II sec. d.C., con successivie trasformazioni che li videro funzionanti almeno fino alla metà del IV secolo. Per alimentare gli impianti termali, in età imperiale venne costruito un acquedotto, anche se le terme sono sempre dotate di serbatoi di accumulo per compensare eventuali riduzioni del flusso; l’acqua di scarico delle vasche termali andava poi ad alimentare i condotti di smaltimento delle latrine pubbliche, sempre realizzate nelle loro immediate adiacenze, mentre anche le case private erano dotate di impianti igienici che scaricavano nei condotti di drenaggio al centro delle strade, rifacimenti più tardi degli originari canali di età protoellenistica. In conclusione, i sistemi di approvvigionamento idrico e smaltimento delle acque di scarico testimoniano a Kos la notevole persistenza degli originari sistemi idrici della città e soprattutto attestano come lo studio dei sistemi idrici di una città possa fornire dati utili alla conoscenza della sua topografia nelle diverse fasi di sviluppo.

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In the town of Kos, the excavations carried out by the Italian archaeologists between 1912 and 1945 and the new investigations by the Greek Archaeological Service have revealed a complex system of water supply based on the integration, occurred during the Roman period, of a water network already set up since the foundation of the city, that took place in 366 BC on the basis of an urban Hippodamian scheme; this defined also a urban drainage system for the disposal of stormwater designed together with the road network. The water supply could rely on abundant natural springs located in the hills south-east of the city, supplemented by private wells and cisterns. The water usage involved public fountains and nymphaea, and, especially in Roman times, several bath buildings, whose first installation dates in a period between I and II cent. AD, with later changes until the mid-fourth century, when some of them changed their function and were transformed in religious buildings. To fed the thermae, an aqueduct was built in imperial period, although the baths were always equipped with storage tanks to compensate any reduction of the flow; to rationalize the use of water, the discharge of the thermal baths was conducted through pipes to flush the sewers of public latrines, always built nearby, while the houses were equipped with private sanitary facilities whose sewers used the drainage channels in the middle of the streets, later reworkings of the original channels of the first Hellenistic age. In conclusion, the water supply systems and wastewater disposal witness the remarkable persistence of the original Kos town water systems and above all attest to how the study of water management systems of a city may improve knowledge of its topography at the different stages of development.

L’arco di Traiano a Leptis Magna. Risultati preliminari di un nuovo studio del monumento

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L’arco di Traiano a Leptis Magna, monumento posto sulla cosiddetta Via Trionfale a commemorazione della ricezione dello statuto coloniale nel 109-110, appare quale concreta esemplificazione dei differenti registri espressivi dell’architettura onoraria nordafricana, da quello urbanistico a quello simbolico, politico e propagandistico. Opera pienamente leptitana, interamente realizzata ancora in calcare locale, occupa inoltre un ruolo centrale nella storia edilizia di una città che a partire dall’età tardo-adrianea sarebbe stata caratterizzata da un’intensa monumentalizzazione e dal largo uso di elementi marmorei di importazione: inerzie costruttive locali, influssi magno-greci ed italici attraverso la mediazione siceliota, modelli Urbani (l’arco di Nerone a Roma sembra essere il principale riferimento tipologico), influenze alessandrine e cirenaiche costituiscono le condizioni al contorno di un’architettura assolutamente originale. Lo scopo del presente contributo, che parte da una sintesi sulla storia degli studi, è volto ad offrire un quadro generale della conoscenza del monumento nell’ambito del proprio contesto: ne analizza alcuni tratti distintivi ed espone i dati emersi sino ad ora dalla nuova ricerca su di esso incentrata.

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The Arch of Trajan in Leptis Magna, placed along the so-called Via Triumphalis to commemorate the grant of colonial status in 109-110 AD, is a concrete example of the different meanings of honorary architecture of North Africa, from the urbanistic one to the symbolic, political and propagandistic ones. Moreover, as a building belonging just to Lepcis, still entirely made of local stone, it has a central place in the architectural history of a city which is going to be characterized by a monumental growth and by the use of imported marble architectural elements since the late age of Hadrian: local building techniques, influences from Magna Graecia and Italy through the mediation of Sicily, Roman models (the arch of Nero in Rome seems to be the main typological model), Alexandrian and Cyrenaic elements are the outline conditions of a very original architecture. The aim of these notes, moving from a short history of studies, is to give a summary about the knowledge of the monument, trying to contextualize it: they analyze its features and illustrate the data come to light till now in a new research about it.