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Rivista di archeologia e architettura antica

Livadiotti M.

Neoria a Kos

Autori: M. Livadiotti, G. Rocco

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Nell’ambito delle ricerche di L. Morricone condotte a Kos nel 1935 nell’area del quartiere turco di Bozuktà, presso il porto, sono emersi significativi resti della presenza di due neosoikoi di età ellenistica, allora erroneamente ritenuti parte del sistema delle fortificazioni portuali. La disposizione e la tecnica costruttiva dei setti, le dimensioni dei vani e altri caratteri tecnici permettono di confrontare questo rinvenimento con i neosoikoi scavati dal Servizio Archeologico Greco nel 1986-87 più a Sud, sempre lungo l’insenatura portuale, fornendo così questa nuova ipotesi di identificazione. Inoltre, un nuovo esame delle adiacenti Terme del Porto, scavate nella stessa occasione dall’archeologo italiano, ha permesso di rintracciare ulteriori resti di un altro insieme di neosoikoi, separati dai precedenti due da una stretta strada, e di identificare il muro di fondo su cui i lunghi setti degli alaggi andavano ad attestarsi. Le terme vi si sarebbero impostate a partire dal II sec. d.C., riutilizzando i setti di età ellenistica e ricavando gli ambienti termali all’interno degli alaggi, di cui mantennero la scansione. L’identificazione di un ulteriore insieme di alaggi in un altro punto del porto antico di Kos contribuisce a precisare l’entità delle infrastrutture militari della città, permettendo una ricostruzione più articolata dei quartieri portuali, destinati a diverse funzioni: militari, cultuali, mercantili. Ne emerge un paesaggio urbano in cui anche i neoria contribuiscono a definire l’immagine di una città che vuole mostrarsi ricca ed importante.

 

In the context of L. Morricone’s research carried out in Kos in 1935 in the area of the Turkish quarter of Bozuktà, near the port, significant remains of two Hellenistic neosoikoi were discovered, at the time mistakenly believed to be part of the port fortification system. The arrangement and building technique of their partition walls, the dimensions of the compartments and other technical features recall the neosoikoi excavated by the Greek Archaeological Service in 1986-87 further South, always along the harbour inlet, thus providing this new identification hypothesis. Furthermore, a new analysis of the nearby Harbour Baths, excavated on the same occasion by the Italian archaeologist, made it possible to identify further remains of another set of neosoikoi, separated from the other two by a narrow road, and enabled the identification of the back wall on which the long walls of the shipsheds were joined. The bath building would have been built in the 2nd cent. A.D., reusing the Hellenistic partition walls and creating the bathing areas inside the shipsheds, thus retaining their layout. The identification of a new set of shipsheds at another point of the ancient port of Kos further clarifies the extent of the city’s military infrastructure, allowing for a more articulated reconstruction of the port districts, used for different functions: military, cultural and commercial ones. What emerges is an urban landscape in which even the neoria contribute to shaping the image of a city that aims to show itself as rich and important.

Supplementum III – Sacred and civic spaces in the Greek poleis world

uppsala     In questo volume si pubblicano i risultati di un workshop tenutosi presso il Dipartimento di Archeologia e Storia Antica dell’Università di Uppsala, il 15-16 febbraio 2017. Il tema proposto era Lo spazio urbano e rurale nel mondo della polis greca, e i partecipanti provenivano dal Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria e dell’Architettura del Politecnico di Bari e dal Dipartimento di Archeologia e Storia Antica dell’Università di Uppsala. Tre dei quattro articoli esaminano gli spazi civici e sacri nel Dodecaneso, mentre il quarto tratta la questione di come gli antichi Greci percepivano e mappavano lo spazio per orientarsi al suo interno.

     Poiché l’importanza dell’Egeo sud-orientale e delle regioni costiere dell’Asia Minore sud-occidentale nei periodi tardoclassico ed ellenistico sta diventando sempre più evidente, il prosieguo della ricerca in questo campo ci consente di comprendere meglio questi poli e il ruolo che hanno rivestito nel più vasto mondo greco. Questa pubblicazione relativamente breve contribuisce a questa ricerca e sottolinea anche il ruolo centrale di segnacolo che i santuari più visibili hanno svolto per i viaggiatori in territori sconosciuti.

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Sommario

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K. Höghammar, M. Livadiotti, Introduction, pp. 5-6;
G. Rocco, Sacred architecture in Hellenistic Rhodes, pp. 7-38;
M. Livadiotti, The infrastructure of a Hellenistic town and its persistence in Imperial period: the case of Kos, pp. 39-76;
K. Höghammar, The sanctuary of the Twelve Gods in Kos and the stelai with proxeny decrees, pp. 77-100
A. Frejman, Some thoughts on ancient maps, travel, and the location of Greek rural sanctuaries, pp. 101-110.

La città recuperata. Descrizione e storia urbana da rilievi di scavo e iconografie antiche

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Immagine copertina web2Nel settembre 2013, nei giorni 13-15, si svolgeva a Catania, nella prestigiosa sede del Monastero dei Benedettini, il VI Congresso AISU Visibile e invisibile: percepire la città tra descrizioni e omissioni, orientato alla ricerca di differenti modi di percepire la complessità della compagine urbana, di cui le tecniche di descrizione e di rappresentazione offrono un contributo importante anche per l’avvio di un confronto tra città e contesti diversi. La sessione La città recuperata. Descrizione e storia urbana da rilievi di scavo e iconografie antiche, proposta e coordinata da Francesca Martorano e Monica Livadiotti, vede, quasi nella sua interezza, l’edizione in questo numero della rivista Thiasos.

Con essa si proponeva la riflessione sulle “città invisibili”, che andavano identificate nella duplice accezione sia di città scomparse, che di “insediamenti” in cui si era ricercata e voluta sin dall’origine l’invisibilità. Nel primo caso, il riferimento era alle città riemerse in toto o parzialmente con interventi di scavo, nel secondo il richiamo si indirizzava agli insediamenti ipogeici, scavati e mascherati nei pendii delle colline o anche in siti pianeggianti. Ci si voleva occupare, inoltre, di città la cui percezione e rappresentazione era stata recuperata tramite rilievi di scavi, letture strumentali, o interpretata da immagini antiche. La ricca risposta, che si è ritenuta rispondente al tema indicato, ha coperto l’arco temporale dall’evo antico (greco e romano) sino all’età medievale.

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Sommario

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1. Francesca Martorano e Monica Livadiotti, Presentazione, pp. 3-6;

2. Maria Amalia Mastelloni, Tracciare le linee, dividere il territorio: lo spazio suddiviso e la fondazione di alcune apoikiai d’Occidente, pp. 7-32;

3. Luigi Caliò, La città immaginata. Raffigurazione e realtà urbana nella Grecia classica, pp. 33-47;

4. Roberta Belli Pasqua, La città rappresentata. Contributo all’analisi dell’immagine della città nella cultura figurativa greca e romana, pp. 49-62;

5. Monica Livadiotti, La pianta IGM della città di Kos del 1926: dati per la topografia della città antica, pp. 63-89.

6. Rossella Agostino, Le città scomparse di Locri Epizefiri e Rhegion: l’azione del tempo e la mano dell’uomo, pp. 91-105;

7. Maria Maddalena Sica, Dal palazzo al tempio: l’antica città dei Tauriani restituita alla storia, p. 107-130;

8. Margherita Corrado, Memorie e realtà di una Crotone ipogea, pp. 131-145.

Il restauro dei monumenti antichi. Problemi strutturali: esperienze e prospettive, Atti delle V Giornate Gregoriane, Agrigento, 23-24 novembre 2012

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G greg VSi presentano in questa sede gli Atti delle V Giornate Gregoriane, svoltesi presso il Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento nelle giornate del 23 e 24 novembre 2012. Le giornate, il cui titolo è stato “Il restauro dei monumenti antichi. Problemi strutturali: esperienze e prospettive”, hanno visto la partecipazione di esperti di livello internazionale che hanno discusso di metodologie e tecniche di restauro, presentando importanti casi studio relativi a contesti monumentali che presentano strette affinità con l’area archeologica dell’antica Akragas. La seconda delle due giornate è stata interamente dedicata al caso di studio costituito dal cosiddetto Santuario Rupestre di Agrigento, dove di recente sono stati effettuati lavori di messa in sicurezza e per il quale è previsto un intervento di restauro e ricostruzione del monumento.

Lo hestiatorion dell’Asklepieion di Kos

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Livadiotti hestiatorionIl presente contributo riprende il testo del IV mimiambo di Eronda, che, ambientato presso l’Asklepieion di Kos, narra la visita di due donne al santuario e il sacrificio di un gallo al dio. Il poeta trae spunto dalla narrazione per descrivere i monumenti e le opere d’arte via via incontrate e ammirate dai personaggi, descrizione che è stata molto studiata e analizzata specie a proposito dell’altare, opera dei figli di Prassitele, e delle pitture nel pronao dell’antistante tempio. Non ci si era però fino ad ora soffermati sugli ultimi versi del poemetto, in cui, dopo il sacrificio del gallo, le due donne si propongono di andare a consumare il proprio pasto nei vicini oikoi. Prendendo spunto dal testo di Eronda, l’articolo vuole confermare la destinazione come sala per banchetti rituali dell’edificio subito a Sud del tempio, il cosiddetto “edificio D”, generalmente noto come abaton; verso di esso, infatti, potrebbero essersi dirette le due donne dopo il sacrificio.

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This paper resumes the text of the IV mimiamb of Herodas, which, set at the Asklepieion of Kos, tells of the visit at the sanctuary of two women and their sacrifice of a cock to the god. In his tale the poet describes the monuments and works of art encountered and admired by the characters, description that has been widely studied and analyzed especially with regard to the altar, with the statues made by the sons of Praxiteles, and the famous paintings on the walls of the pronaos of the temple. So far, however, no scholar has focused on the last verses of the poem, in which, after the sacrifice of the cock, the two women purposed to go and eat their meal in the nearby oikoi. Taking inspiration from the text of Herodas, the article will confirm the destination as a ritual banquet hall of the building immediately to the south of the temple, the so-called “building D”, generally known as abaton; towards it, in fact, the two women may have gone after sacrifice to eat their meal.

Vol. 3 | Monumenti di Kos I. La Stoà Meridionale dell’agorà

Rocco, copertina

G. Rocco, Monumenti di Kos I. La Stoà Meridionale dell’agorà, Thiasos, Monografie 3, 2013, pp. 1-194 + 3 tavv. f.t.

ISSN 2281-8774,  ISBN 978-88-7140-503-2

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Edita nell’ambito della rivista di archeologia e architettura antica Thiasos, recentemente varata, la monografia vuole inaugurare una collana di opere dedicate all’architettura di Kos e delle altre isole del Dodecaneso, di cui questo costituisce il primo volume, a cui seguirà l’edizione del Ginnasio e delle Terme Centrali a cura di Monica Livadiotti. Il volume è edito in forma di e-book, ma è in preparazione una traduzione in inglese, a cura di Rita Sassu, con edizione a stampa sempre per i tipi dell’editrice Quasar.

Lo studio della Stoà Meridionale dell’agorà si inserisce nell’ambito di una più generale analisi della topografia della città antica di Kos che l’équipe del Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura del Politecnico di Bari, diretta da Giorgio Rocco, sta portando avanti ormai da molti anni in collaborazione con i colleghi delle Eforie del Dodecaneso e con l’Istituto Archeologico di Studi Egei di Rodi.

Frutto di una ricerca sul campo sempre attenta al dato proveniente dal rilievo delle strutture e dei frammenti architettonici, l’ipotesi di ricostruzione della Stoà fornisce un importante tassello per la conoscenza complessiva dell’agorà di Kos e dei suoi monumenti, argomento a cui l’Autore ha dedicato negli ultimi anni diversi contributi. L’esistenza stessa di questo lungo edificio porticato posto a delimitare il lato sud della piazza agorale ha risolto inoltre alcuni quesiti riguardo alla configurazione topografica dell’area centrale della città, rimasti insoluti dopo gli scavi di Luigi Morricone del tratto più occidentale della plateia ellenistica e di Charis Kanzia lungo la sua prosecuzione più ad Est. Inoltre, la descrizione della consistenza del monumento e della sua ricostruzione sono integrate da un serrato sistema di confronti con l’architettura del periodo di area microasiatica, arrivando ad inquadrare in modo più preciso la produzione architettonica dell’isola in età ellenistica e conferendole un rilievo maggiore di quanto finora sia stato supposto.

Il volume è poi completato dal Catalogo degli architettonici della Stoà Meridionale (a cura di F. Liuni e A. Ferrante), dal Catalogo delle Unità Stratigrafiche Murarie (a cura di M. Livadiotti e M. Messina) e da due brevi studi, posti in Appendice, riguardanti un inconsueto sistema di fissaggio verticale dei blocchi (A. Fino) e un particolare sistema di sollevamento che apparenta la produzione architettonica coa alla “Rinascenza ionica” del  mondo microasiatico ellenistico (M. Livadiotti).

L’apparato illustrativo, tutto di prima mano, è stato realizzato con l’apporto degli studenti, laureandi e dottorandi del DICAR di Bari, che dal 2004 partecipano alle missioni a Kos, sempre di più “cantiere scuola” per i futuri “Bauforscher” italiani.

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Scarica il .pdf con il sommario e l’introduzione: Stoà Meridionale, anteprima

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La rete idrica della Kos di età romana: persistenze e modificazioni rispetto alla città ellenistica

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Nella città di Kos, durante gli scavi che impegnarono gli archeologi italiani tra il 1912 e il 1945 e nei nuovi scavi del Servizio Archeologico greco, è stato messo in luce un complesso sistema di approvvigionamento dell’acqua basato sull’integrazione in età romana di una rete idrica già impostata fin dalla fondazione della città, avvenuta nel 366 a.C. sulla base di un piano urbano di tipo ippodameo che definiva anche un sistema di canali per lo smaltimento delle acque meteoriche progettato insieme alla rete viaria. L’approvvigionamento idrico, invece, poteva contare sulle abbondanti sorgenti naturali site sulle colline a sud-est della città, integrato da cisterne e pozzi privati. I punti di utilizzo comprendevano fontane pubbliche e ninfei, e, in età romana, soprattutto diversi edifici termali, databili nel loro primo impianto tra I e II sec. d.C., con successivie trasformazioni che li videro funzionanti almeno fino alla metà del IV secolo. Per alimentare gli impianti termali, in età imperiale venne costruito un acquedotto, anche se le terme sono sempre dotate di serbatoi di accumulo per compensare eventuali riduzioni del flusso; l’acqua di scarico delle vasche termali andava poi ad alimentare i condotti di smaltimento delle latrine pubbliche, sempre realizzate nelle loro immediate adiacenze, mentre anche le case private erano dotate di impianti igienici che scaricavano nei condotti di drenaggio al centro delle strade, rifacimenti più tardi degli originari canali di età protoellenistica. In conclusione, i sistemi di approvvigionamento idrico e smaltimento delle acque di scarico testimoniano a Kos la notevole persistenza degli originari sistemi idrici della città e soprattutto attestano come lo studio dei sistemi idrici di una città possa fornire dati utili alla conoscenza della sua topografia nelle diverse fasi di sviluppo.

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In the town of Kos, the excavations carried out by the Italian archaeologists between 1912 and 1945 and the new investigations by the Greek Archaeological Service have revealed a complex system of water supply based on the integration, occurred during the Roman period, of a water network already set up since the foundation of the city, that took place in 366 BC on the basis of an urban Hippodamian scheme; this defined also a urban drainage system for the disposal of stormwater designed together with the road network. The water supply could rely on abundant natural springs located in the hills south-east of the city, supplemented by private wells and cisterns. The water usage involved public fountains and nymphaea, and, especially in Roman times, several bath buildings, whose first installation dates in a period between I and II cent. AD, with later changes until the mid-fourth century, when some of them changed their function and were transformed in religious buildings. To fed the thermae, an aqueduct was built in imperial period, although the baths were always equipped with storage tanks to compensate any reduction of the flow; to rationalize the use of water, the discharge of the thermal baths was conducted through pipes to flush the sewers of public latrines, always built nearby, while the houses were equipped with private sanitary facilities whose sewers used the drainage channels in the middle of the streets, later reworkings of the original channels of the first Hellenistic age. In conclusion, the water supply systems and wastewater disposal witness the remarkable persistence of the original Kos town water systems and above all attest to how the study of water management systems of a city may improve knowledge of its topography at the different stages of development.

Il piano regolatore di Kos del 1934: un progetto di città archeologica

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Una versione preliminare di questo testo e stato presentato in lingua greca al Congresso Internazionale di Rodi Νεές πόλεις πάνο σε παλιές (Citta nuove su citta antiche), organizzato tra il 27 e il 30 settembre 1993 dalla sezione greca dell’ICOMOS e dalle Eforie preistorico-classica e bizantina del Dodecaneso; una sintesi ne e stata poi pubblicata da M. Livadiotti in Livadiotti, Rocco 1996, pp. 86-91. Nel piano regolatore di Kos del 1934 colpisce il considerevole quantitativo di aree libere che corrispondono alle zone archeologiche scavate dagli archeologi italiani. Documenti di archivio dimostrano che tale peculiarità e il frutto di un progetto consapevole, connesso con la figura di Mario Lago, Governatore del Dodecaneso dal 1923, cosi profondamente interessato alla cultura classica da promuovere, assieme ad Alessandro Della Seta, Federico Halbherr, Enrico Paribeni, Amedeo Maiuri, Giulio Iacopi e Luciano Laurenzi, la fondazione dell’Istituto Storico-Archeologico FERT di Rodi, nel 1928. Nel 1933 Kos fu gravemente distrutta da un terremoto e il Governo italiano incaricò l’architetto R. Petracco di elaborare un nuovo Piano Regolatore per la ricostruzione; prima che questo fosse completato, Lago, in accordo con Della Seta, diede incarico a Laurenzi di compiere sondaggi al fine di identificare le aree più promettenti, da non edificare e da riservare per le future indagini archeologiche. In questo modo, nel Piano vennero risparmiate otto vaste zone per la creazione di altrettanti parchi archeologici. Singolarmente, quindi, un Servizio Archeologico fu investito di ruolo decisionale nell’elaborazione di un Piano Regolatore e Kos venne costruita sulla base di un criterio generale identificabile nell’idea di “città archeologica”. La pianta risulto essere un modello all’avanguardia dal punto di vista della conservazione, anche in confronto con quanto si andava facendo in quegli anni in Italia, dove pure ferveva il dibattito sul tema e la legislazione in materia era, per il periodo, decisamente avanzata. Il caso di Kos trova un significativo precedente nella vicenda della protezione dei cimiteri turchi ed ebraici della Rodi degli anni Venti. In quella storia il ruolo di Maiuri non dev’essere sottostimato: infatti, lo studioso era molto sensibile ai problemi del resturo inteso come conservazione, come dimostra la sua attiva partecipazione, nel 1931, insieme a Della Seta, Pernier, Pace e Iacopi, alla Conferenza Internazionale sul Restauro di Atene.

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A preliminar version of this contribution was published in Greek at the International Congress Νεές πόλεις πάνο σε παλιές, organized in Rhodes in 1993 by ICOMOS and the Dodecanese Ephorates. A syntesis was then published also by M. Livadiotti in Livadiotti, Rocco 1996, pp. 86-91. In the 1934 town plan for Kos, the considerable amount of free area corresponding to the archaeological zones excavated by Italian archaeologists is striking. Archival documents show that this peculiarity is the result of a deliberate project and that it is connected with Mario Lago, the Governor of Dodecanese since 1923, who was so deeply interested in classical culture to collaborate with Alessandro Della Seta, Federico Halbherr, Enrico Paribeni, Amedeo Maiuri, Giulio Iacopi and Luciano Laurenzi, to promoting with them in 1928 the foundation of the “Archaeological-Historical Institute FERT” at Rhodes. In 1933 Kos was almost totally devastated by a disastrous earthquake and the Italian government charged the architect R. Petracco with elaborating a new town plan; before the plan was drawn up, Lago agreed with Della Seta in charging Laurenzi with carrying out an archaeological survey and sondages throughout the city in order to identify the most promising areas for future investigations. So, eight large zones were set aside for the creation of as many archaeological parks. Oddly enough, therefore, an Archaeological Service was given a decision preceding a town plan and the new Kos was planned along unusual lines that can be identified in the idea of the “archaeological city”. The plan turned out to be an avant-garde model from the point of view of conservation, even compared with what was taking place at the same time in Italy, where there was an active debate on the problem and the relative legislation was very progressive for the period. The case of Kos has a significant precedent at Rhodes in the Twenties in the episode of the protection of the Moslem and Jewish cemeteries and a creation of a protective band around the walled city. In that story, as documents can demonstrate, Maiuri’s role is not to be underestimated: in fact the archaeologist was really sensitive to the new concerns of restoration and in 1931 participated in Athens, with Della Seta, Pernier, Pace, Iacopi, to the International Conference on Restoration, giving an active contribution to the discussion.